Abisso Calipso, 2018, Laura Amann, (italiano)

Correndo al buio

Abisso Calipso

Non si tratta né di una hit disco degli anni ’70, né di un elaborato cocktail polinesiano, e nemmeno dell’ultimo colore dello smalto Chanel, ‘Abisso Calipso’ è invece un territorio sottomarino profondo “che si trova nel Mar Ionio a Sud Ovest di Navarino, Grecia”, “la parte più profonda del Mar Mediterraneo, con una profondità massima di 5.267 m”, dove “la placca africana scivola sotto quella del Mar Egeo, creando la fossa ellenica”. Questa è la voce di Wikipedia, sorprendente per la brevità con cui racconta una cosa intrigante quanto il punto più profondo del Mar Mediterraneo, un’area che è certamente stata sulla bocca e nella mente di tutti negli ultimi anni, un luogo contestato in ambito politico ed ecologico, per le migrazioni, l’inquinamento o i nuovi metodi di colonizzazione.

È ancora più sorprendente considerando che l’oceano e le sue profondità costituiscono il 95% dell’habitat terreste, ma forse è meno sorprendente se ci ricordiamo che le profondità marine sono ancora considerate “l’ultima frontiera” di un pianeta ormai largamente esplorato, abitato o saccheggiato da una specie particolarmente insaziabile: gli esseri umani. Nonostante, o forse proprio a causa, della nostra ignoranza rispetto alle profondità marine, negli angoli più profondi e inospitali del mare esistono un vasto sistema ecologico e un numero imprecisato di creature, che vivono spesso sotto una pressione incredibile, senza luce e a temperature bassissime. Gli studi in proposito sono però così rari, che la vita nel profondo blu rimane un mistero, e mentre la nostra conoscenza basica della vita sottomarina mostra “lacune scioccanti”, per citare un articolo della Oxford University, è molto probabile che gli effetti su questo sistema imputabili agli esseri umani stiano aumentando. La disparità tra la quasi totale mancanza di informazioni e il nostro accresciuto impatto su questo ambiente è quindi estremamente allarmante. Sull’altro lato della superficie sembriamo vivere in una realtà diametralmente opposta, ma con risultati in qualche modo simili. Mentre, per dare un senso al mondo e per produrre modelli di simulazione, ci affidiamo a masse di dati imperscrutabili che nell’ultimo secolo sono stati raccolti e interpretati attraverso dei calcoli, non solo abbiamo perso la capacità di comprendere il mondo in modo autonomo, ma iniziamo anche a subire i fallimenti dei nostri modelli di previsione. Nel momento in cui stiamo superando l’apice della nostra conoscenza della Terra, veniamo in realtà trascinati in Nuovi Secoli Bui di ignoranza, oppressione e ansia incombente, lasciando da parte la comune idea illuminista secondo cui più conoscenze possediamo e più possiamo influenzare il corso dell’esistenza.

Se stai correndo al buio, preparati bene, scegli il tuo percorso e il tuo equipaggiamento con saggezza, Sii sicuro di vedere e di poter essere visto,

illumina la tua strada, mentre stai correndo al buio.

È in questo spazio che Benedikt Hipp posiziona cautamente le sue opere ed è all’interno di questo spazio che le opere adescano lo spettatore.

La ‘griglia’ diventa un motivo unificante. Non si tratta, però, della griglia modernista, perfettamente perpendicolare e utilizzata come fosse un ideale impiantato nella realtà al fine di progettare il nostro mondo e il modo in cui lo vediamo, che così spesso è stata associata alla rigorosità scientifica e a minuziosi modelli di organizzazione. Qui è piuttosto una griglia frammentata, visibilmente usata e abusata, quasi percossa, che si materializza in uno spazio astratto, la rovina o il residuo di una griglia, che talvolta somiglia a una rete. Non è più chiaro se si tratti di una struttura di supporto utile, di una trappola insidiosa o se sia essa stessa un oggetto che ha bisogno di supporto.

Intrappolati in questa rete vediamo occhi, mani, braccia, piedi e, più diffuse, forme biomorfiche simili ad arti, che ricordano le offerte votive, una pratica spirituale che voleva dare un’espressione scultorea a un desiderio o a una preghiera lasciata dal supplicante in uno spazio pubblico e sacro, sperando di ricevere o dopo aver ricevuto la grazia. Antica tradizione assimilata dal cristianesimo, le offerte votive diventarono una pratica comune in molte regioni, ed erano considerate valide tanto quanto un intervento medico. Rivelando una precisa relazione con il surrealismo di Brueghel, esseri simili a molluschi ciclopici interagiscono, mentre oggetti votivi si fondono in collage corporei uniti da catene, ganci o cinghie, a volte incorniciati dalle nostre recentemente ottenute estensioni digitali-corporee palmari. Campioni di terra delle profondità marine, frutto della collaborazione con l’artista Lisa Reitmeier, ci osservano, invece di rivelarci i loro segreti più profondi, ampliando ulteriormente la narrazione tramite la traduzione organica dello spazio della pittura in quello della scultura. Ma non lasciatevi ingannare. Qui non è la vita di tutti i giorni che diventa perturbante, ma piuttosto la nostra perturbante vita metafisica che si materializza, un test di Rocharch invertito se così si può dire. Qual è allora la cosa per cui Hipp ci fa pregare con tale fervore? Se stai correndo al buio, penserai di correre più velocemente di quanto tu non stia facendo, e una strada conosciuta potrà sembrarti pericolosa, mentre stai correndo al buio. Incastrandoci in una trappola profetica dove le distinzioni tra astratto e figurativo, scientifico e spirituale perdono di significato, siamo infine costretti a renderci conto del fatto che il mondo non è altro che la nostra rappresentazione di esso. ‘Il mondo è la mia rappresentazione’, affermò notoriamente Schopenhauer, suggerendo che il mondo come lo percepiamo sia una ‘presentazione’ di oggetti nel teatro della nostra mente, dove ognuno di noi sta costruendo con attenzione il proprio spettacolo idiosincratico con il suo direttore di scena, un set, luci, costumi, livello salariale e così via1. Eppure, per poter creare connessioni, scambi e, in definitiva, per poter funzionare come sistema sociale di esseri senzienti, abbiamo sempre avuto bisogno di metodi per assimilare la realtà ad un modello astratto, così da poterla comprendere. Invece di far questo però, abbiamo spesso continuato ad applicare idee astratte alla realtà per sopportarne la complessità, scatenando il caos invece di perseguire il tanto auspicato ordine. Il sistema della tassonomia ne è un chiaro esempio: occupandosi della classificazione e del raggruppamento degli organismi, è all’apparenza precisa e strutturata. Tuttavia, non solo ha delle falle teoretiche come il vandalismo tassonomico2, ma replica inoltre le strutture del potere coloniale rinominando o ‘occidentalizzando’ la terminologia, ignorando quella preesistente a livello locale e, forse, giustificando in modo distruttivo il cosiddetto razzismo scientifico. Benedikt Hipp lascia decidere a noi quanto vogliamo lasciarci sommergere dalle vaste, ghiacciate, oscure, oppressive correnti di questi Nuovi Secoli Bui. Ma non senza indicarci il potenziale che agisce in questo spazio, dove i nostri sensi sono acuiti e la nostra percezione è modificata, dandoci il potere di andare oltre le credenze superficiali prodotte dal dibattito attuale, e scorgere invece le regole inconsce e fondanti che governano realmente il nostro pensiero e il nostro comportamento Se stai correndo al buio, hai appena guadagnato molto tempo e molto spazio, acuirai diversi sensi, e di conseguenza allenerai e apprenderai altre capacità, mentre stai correndo al buio. *queste righe si ispirano a una corsa guidata dell’applicazione Nike+ Run App, intitolata ‘Running in the dark’ e condotta da Chris Bennet, Nike Running Global Head Coach. Laura Amann

Laura Amann vive tra Vienna (AT) e Praga (CZ) ed è curatrice, architetto e scrittrice. Ha frequentato il De Appel Curatorial Programme ad Amsterdam, NL e gestisce Significant Other, spazio e piattaforma culturale che si concentra sugli spazi di confine tra arte e architettura, tra strutture istituzionali e auto-organizzate così come sullo scambio tra periferie.

1 Al contrario degli altri aspetti attivi nell’atto di percepire il mondo, come la nostra volontà o la cosa in sé di Kant, che non sono percepibili come presentazioni e quindi esistono solo al di fuori del tempo, delle spazio e della causalità.

2 L’atto del nominare nuove specie senza avere prove sufficienti per farlo.